In questi giorni ho avuto il piacere di conversare con la giovane scrittrice monfalconese Ilaria Dot (1984), autrice de #Odissea. Il viaggio di Ulisse ai tempi di Twitter pubblicato presso La Caravella editrice.
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Cosa hai studiato? Cosa significa per te scrivere?
Mi sono laureata in Scienze della Comunicazione prima, e specializzata in Giornalismo e Cultura Editoriale poi. Scrivere per me è tutto: è la mia più grande passione sin da quando ero bambina. A volte è una valvola di sfogo, a volte semplicemente un modo per condividere informazioni e sensazioni, altre un gioco che mi diverte e con cui spero di divertire. Una cosa è certa, però: che scriva per qualcuno o per me stessa, non riesco a concepire di non farlo.
Qual è il motivo che ti ha portata a Madrid?
Amo la Spagna, e questa città in particolare. L’ho scoperta nel 2007, durante una vacanza con una carissima amica, e da allora ci sono tornata almeno una volta all’anno, quasi sempre per motivi legati alla musica: gestisco il fanclub italiano di Dani Martín, madrileño D.O.C, per cui molti eventi che lo riguardano hanno sede qui, e a livello di trasporti la Capitale è più facile da raggiungere dall’Italia rispetto ad altre città spagnole. Ho anche molte amiche che ci vivono, sia italiane che spagnole, per cui concerti e simili sono anche un ottimo pretesto per andarle a trovare.
La cosa migliore di Madrid è…
Il fatto che, pur essendo una metropoli, riesca a conservare una dimensione umana. La prima volta che ci ho messo piede mi sono sentita subito a casa, riuscivo a muovermi per le strade del centro come se le conoscessi a menadito, senza neppure aprire una cartina. Ed è ancora cosí. Poi ha una luce particolarissima, che magari non noti subito, ma che la rende diversa da ogni altra cittá.
La cosa peggiore di Madrid è…
Direi la quantità di borseggiatori in cerca di turisti distratti nelle zone turistiche più affollate come La Puerta del Sol. Grazie al cielo non mi è successo in prima persona, ma so di tantissimi italiani che, senza nemmeno accorgersene, sono tornati in albergo senza portafoglio, documenti, etc. Bisogna prestare moltissima attenzione. Ah, e i PR che cercano di portarti nei loro locali tendono ad essere un filino troppo insistenti.
Cose da non fare a Madrid? Cose imperdibili?
Comincio dalle imperdibili: il Museo del Jamón, le tapas del Mercado de San Miguel, il bocadillo de calamares (da provare almeno una volta). Assolutamente necessario anche fare un po’ di shopping sulla Gran Vía, e una passeggiata nel bellissimo Parque del Retiro. Tra i musei consiglio il Reina Sofia, più ancora dello stesso Prado: la visione del Guernica di Picasso è a tutt’oggi l’esperienza artistica più emozionante che io abbia mai vissuto. Mi sono venuti i brividi e le lacrime agli occhi, e non è mai più successo con nessun altro quadro. Vale la fila all’entrata, il costo del biglietto, tutto.
Tra le cose da non fare… beh, dico solo che personalmente consiglierei Las Ventas come luogo per godersi un concerto, piuttosto che come scenario di una corrida de toros: sono anti-taurina.
Qual è il tuo scrittore di lingua spagnola preferito?
A livello di poesia devo nominare un Grande Classico: Neruda. Adoro il modo in cui riesce a trasmettere emozioni complesse con apparente – ma studiata – semplicità. È uno dei primi poeti che abbia mai letto, tra l’altro, grazie ai libri che mi sono stati tramandati da mia madre e prima ancora da mio nonno materno. Quanto alla prosa, invece, vado sul contemporaneo: ultimamente ho apprezzato molto Javier Gutiérrez. Ho letto “un bravo ragazzo”, in italiano, e per quanto non sia il tipo di romanzo che comprerei abitualmente, il suo modo di scrivere mi ha affascinata e coinvolta. Mi piacerebbe leggere qualcos’altro di suo. Questa volta in spagnolo, magari.
Qual è il tuo quartiere preferito di Madrid? Hai un tuo luogo preferito?
Difficile scegliere un quartiere: ognuno ha una sua personalità e un suo fascino. Ma forse ora come ora direi il Barrio de Las Letras: lí avevo il mio primo ostello, lì mi sono innamorata di Madrid. E poi…beh, potrei non amare il quartiere letterario e al contempo più vivo della città? Quanto al luogo preferito, potrei passare delle ore in un negozio di dischi nuovi e usati in Calle Montera: si chiama Discos killer’s, e mette a disposizione due piani interi pieni zeppi di vinili, cassette, dvd, cd a 1 o 2 euro ciascuno, libri, gadgets… il mio Paradiso!
Una canzone/musica/gruppo musicale che identifica Madrid?
Ovviamente Dani Martín ed El Canto del Loco! Sia Dani che David, le due anime del gruppo, sono sempre stati molto legati alla loro città, quindi è piuttosto facile associare le loro canzoni al luogo in cui, di fatto, sono nate. Ce n’è una del gruppo, cantata da David Otero, che non tutti conoscono e si chiama proprio “Madrid”: la consiglio caldamente! Anche nell’ultimo album solista di Dani Martín, che porta il suo nome e che a quanto pare dovrebbe uscire anche in Italia, c’è un brano in cui la città viene nominata proprio nella prima strofa. Si intitola “Un Millón de Luces” (“mi manera de sufrir, mi trocito de Madrid, que me arropa con su magia”)
Qual è il tuo piatto preferito?
La gastronomia spagnola mi piace quasi tutta e proveniente da tutte le regioni: dalla paella al jamón ibérico, passando per le migas, le papas arrugadas delle Canarie, il pulpo a la gallega e il pescaíto frito, per concludere con una buona crema catalana. A Madrid, però, non so rinunciare alla Tortilla de Patatas: non l’ho mai assaggiata così buona come nella Capital!
Come sarebbe la tua giornata ideale a Madrid?
Inizierei con una buona colazione a base di churros e chocolate nella storica Chocolatería San Ginés. Poi, se è Domenica, andrei al Mercado del Rastro, altrimenti opterei per un giro in centro (Gran Vía, Puerta del Sol, Callao, Plaza Mayor…). Una sosta per un paio di tapas al Mercado di San Miguel e un po’di relax al parque del Retiro. Verso sera passerei un po’ di tempo rinchiusa in qualche negozio di dischi (il già citato Killer’s o anche semplicemente la Fnac di Calle Preciados) e mi godrei il tramonto dall’azotea del Círculo de Bellas Artes. Andrei a cena in uno dei tanti, fantastici, locali della Capital e concluderei in bellezza con un concerto (c’è sempre l’imbarazzo della scelta!) e una “copita” tra amici dopo lo show.
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